Mark Knopfler - Kill to Get Crimson

 

Le parole dell'anima di Mark Knopfler (2007)

Il mondo sarebbe un posto migliore se ci fosse sempre la chitarra di Mark Knopfler ad apostrofare un cambio di stagione, una curva nel cuore, una occasione speciale come una festa di matrimonio.

Questo è un argomento di cui potrei scrivere per ore e ore senza stancarmi: la musica di Mark Knopfler. Ex leader e mente creativa dei Dire Straits, chitarrista capace nel corso della sua carriera di riempire le grandi arene negli anni Ottanta, (Knopfler che coi suoi Dire Straits ha venduto quasi cento milioni di copie) e che oggi, con dignità e buon mestiere, si è ritagliato un ruolo di tutto rispetto e affidabilità all’interno dello show business. Autore senz’altro prolifico, anche in questa occasione mostra tutte le sue qualità compositive ed esecutive.

Kill to Get Crimson suona fresco e asciutto, pur ispirandosi e riprendendo atmosfere e suggestioni anni cinquanta- sessanta. Il percorso artistico del Nostro riprende dove era stato lasciato con Shangri-La del 2004, suo ultimo lavoro solista. Anche se questo nuovo prodotto ricorda più che altro The Ragpicker’ s Dream (2002) come atmosfera, suoni e ispirazione. Kill To Get Crimson è un lavoro perfettamente omogeneo, fortemente costruito sulla sua sempre più calda voce da storyteller, che ha smesso la bandana in favore forse di un cappellone Stetson.

Il disco racconta storie legate da una stessa atmosfera, quella dell’Inghilterra anni Cinquanta. In particolare il brano Let it All Go narra la storia di un vecchio pittore. Un giorno un giovane che gli sta sempre intorno e che vuole dipingere, gli chiede come si fa a diventare artista. Il vecchio gli dice di andare via, di trovarsi un lavoro capace di garantirgli una pensione, di dimenticare. Il giovane non capisce, allora il vecchio afferra il pennello come se fosse un coltello e dice: - Ho rubato, ho ucciso per avere questo rosso! Kill to Get Crimson. Insomma, non è un gioco. L’artista non ha una scelta. Non si sceglie di dipingere. È un’esigenza fisiologica. Come la musica. In una giornata di pioggia è il disco ideale per rimetterci in connessione col nostro mondo interiore,

Poetico e incantevole, ribadisce il sound Knopfler, vero e proprio marchio di fabbrica capace di evidenziare sempre qualità e grande coerenza. Il disco è stato considerato godibile, ma poco coraggioso. In realtà nessuna di queste canzoni è fatta per le radio d’oggi. Elemento che non bisogna certo sottovalutare, in un’epoca in cui anche i mostri sacri del rock si sono piegati alle logiche di mercato e a un merchandising decisamente spinto. Mark Knopfler invece si avvicina al proprio lavoro con uno stile quasi artigianale, da autentico trovatore stile anni Sessanta. Del resto lui è sempre stato un artista personale ed emozionale, nonché personaggio che oggi come oggi, ha davvero poco da dimostrare.

La sua lunga cavalcata nel mondo della musica iniziata nel 1977, ha conosciuto finora pochissime pause riflessive. Equamente diviso fra la strada, battuta da un concerto e l’altro, ad infiammare le grandi arene coi suoi Dire Straits, poi una seconda parte di carriera più riflessiva e intimista, che a mio avviso più di tutte denota le sue grandi qualità di musicista dal tocco magico. Un disco che sa di folk celtico, di cantautorato d’alta classe, di praterie e di spazi liberi dalla mano dell’uomo. La rivista Rolling Stone gli ha attribuito quattro stelle. Buscadero, tanto per cambiare, si è lanciato in una suggestiva elegia.

Kill to Get Crimson è una ricostruzione a mosaico di una storia antica che parte in Inghilterra e approda in America. Anche se qui musicalmente è l’esatto contrario: appropriandosi della roots music americana, la reinterpreta con gusto britannico. Rivissuta nelle sue mille sfaccettature emotive, con un’oscillazione di umori e di generi che è l’elemento più interessante del disco. È un disco da chitarra acustica, dobro e National, non da elettrica, fatta eccezione per qualche tocco di calda Ovation, che ovviamente non può essere abbastanza per lo zoccolo duro di fans Dire Straits, giustamente fedeli agli urticanti assolo della sua Stratocaster. Il Giovane Mark è maturato e adesso suona così, e chi è pronto a detronizzarlo, si faccia avanti.

Knopfler sa ancora trovare la corrente giusta per trasportare la sua musica, e questo nuovo viaggio, dall’inizio alla fine, è uno scorrere fluido e placido di note cristalline, di musica raffinata eppure mai così semplice. Il problema è che molti hanno frainteso il Knopfler solista, che non è l’autore di Sailing to Philadelphia, ma piuttosto l’onesto artigiano del Ragpicker ’s dream. E questo è disco intimista e d’ambiente rilassato, insomma un lavoro pantofolaio e non per stivali da rodeo, come Knopfler in passato aveva abituato i suoi fans.

Punish The Monkey col suo sound solo ironicamente modernista e dalla timbrica vagamente afro, dove a tenere banco sono l’accoppiata organo/chitarra, è brano di indubbio valore. Magistrale il fraseggio chitarra/ flauto in The Scaffolder ’s Wife, sottile e pungente, come un aculeo, conferma che il Nostro quando vuole sa ancora essere un grande stilista della chitarra elettrica. Let It All Go, è il brano cardine di tutto il disco… sentite, la sua mesta voce con quanta dolorosa convinzione canta: “So go, forget it, let it all go let it all go, forget it”. Heart Full Of Holes, uno dei vertici di questo disco. Con suoni che credevamo di aver perduto e che qui spuntano fuori come funghi, come la fisarmonica, o come l’intro, che richiama quello leggendario di Romeo and Juliet. Behind With The Rent introdotto dalla chitarra e da un organo chiesastico è un brano conturbante e dal misterioso fascino selvoso. Madame Geneva’s è un brano da ascoltare ad occhi chiusi, lasciandovi cullare dalla delicatezza dell'atmosfera di questa canzone e potrete sognare d’essere ovunque. In viaggio, magari di sera. A contemplare in pace l'immensità del tramonto che vi sovrasta mentre state tornando a casa. 

In the Sky è brano meditativo d’atmosfera quasi jazzata, con una lunga coda strumentale che mette i brividi e commuove un cuore ricettivo pronto all’emozione. Etereo dialogo fra chitarra acustica e sax. Da mandare in loop nelle notti d’inverno senza fine fatte di rinuncia triste e sconforto. Una canzone sognante, sapientemente posta a chiusura dell'album: permette alla fantasia di viaggiare dando l'idea di muoversi in spazi sconfinati. Forse la canzone che meglio descrive le scelte operate da Mark Knopfler per questo quinto lavoro in studio. Non che il disco sia privo di canzoni d’impatto che richiamano le atmosfere dei Dire Straits, su tutte, l’inquieta ballata We Can Get Wild oppure Punish The Monkey col suo sound vagamente anni ottanta. La copertina è ispirata a Four Lambrettas and Three Portraits of Janet Churchman di John Bratby.

Kill to Get Crimson è un disco d’atmosfera notturna e nostalgica, e che profuma d’antico. Da ascoltare centellinando un bicchiere di cognac invecchiato in legno pregiato, come una chitarra Les Paul d’epoca. Un gran disco per inguaribili romantici sognatori, che probabilmente non piacerà ai rockettari più svampiti.

Ascolto Mark Knopfler da sempre e da sempre so apprezzare il suo modo riflessivo di concepire le canzoni intimiste. Ci sono diversi motivi per amare e per continuare ad amare Mark Knopfler. Il primo è per aver scritto brani come Sultans of Swing, Tunnel of Love e Romeo and Juliet. Il secondo è per aver suonato la chitarra con artisti come Bob Dylan, Van Morrison e Randy Newman.

Dario Greco

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